mercoledì 30 novembre 2011

Merende al mare - Parte seconda

Il racconto della merenda di ottobre non era terminato e quindi riprendiamo da dove eravamo rimasti...anche se il freddo è ormai arrivato.
Vi avevo parlato del danubio no?
Ma c'erano anche tante altre cose. E infatti la tavola fuori, man mano che arrivano gli amici ( almeno una ventina a merenda) comincia a riempirsi di cose molto buone, tra cui...gli amaretti salati,


vari strudel di verdure: pasta sfoglia che contiene e nasconde patè di melanzane e zucchine con gorgonzola: mamma mia che bontà!


e poi: quiche, pizze al pomodoro fresco e basilico, pizza alla cipolle e pizza alle olive...taralli, pizza umbra e affettati. Insomma stuzzichini salati che accompagnano molto bene le nostre birre artigianali. Preferite la bionda amabile o la scura molto di carattere? Ahhhh, tutte e due ...purchè ghiacciate! 


E' ancora pomeriggio e a sinistra del terrazzo...il Circeo ci osserva!


Tra amici si sta bene e quindi si chiacchiera, si mangia e si beve ( mio dio... ma questa birra è squisita...è il commento di tutti, con grande gioia di mio marito che ormai la produce da più di un anno!)

Il panorama però cattura e distrae....davanti a noi ci sono le isole di Ponza, Zannone e Palmarola


Si chiacchiera e si mangia...e intanto il giorno comincia a cedere i colori al tramonto. Ed eccolo a sinistra lo spettacolare tramonto su Torre Astura


anche davanti, dove ci sono le isole...tutto cambia


Uno spettacolo indimenticabile....una location perfetta per un incontro che si apre con una merenda  ( ma quante cose hai fatto!!!! non manca l'apprezzamento degli amici)... e che finisce con la sera ormai inoltrata! E il mare ancora una volta ci regala uno spettacolo ...da "urlo"!








lunedì 28 novembre 2011

Fragili e vulnerabili

Non riesco a non pensarci, da quando un'agenzia di stampa, giovedì scorso, ha battuto la notizia che uno studente è rimasto travolto da un treno il giorno della laurea. Ne sono rimasta talmente colpita che ho veicolato questo take a chi ora ha in mano le sorti dell'Università italiana.

Quel giorno, Mauro, un ragazzo di appena 25 anni, avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea e con la sua famiglia aspettava in una stazione vicina al paese dove abitano, il treno che lo avrebbe condotto a Roma, per coronare e chiudere una fondamentale tappa della vita ..e aprirne un'altra. Ma non è andata così perchè, in quella fredda mattina di novembre, è rimasto lì, incastrato tra le ruote frenanti, sotto gli occhi dei genitori vestiti a festa e con appresso lo spumante per un veloce e consueto brindisi con gli amici.

Fatalità o suicidio?Le tesi si rincorrono, così come si rincorrono i sussurri e le grida. Ma qualsiasi cosa sia accaduta nella mente di Mauro mi rifiuto di pensare che abbia voluto punire in modo così forte i propri genitori che, forse riponevano delle aspettative a cui lui non ha saputo dare risposte.
 

Mi piace invece pensare che lui, ragazzo per bene, e pendolare avvezzo ai treni, abbia voluto anticipare la folla in attesa e un treno ancora in movimento, con l'unico scopo di far sedere i suoi e risparmiare loro un viaggio in piedi.



venerdì 25 novembre 2011

Pizzi senza uncinetto...di Anna!

Pizzi....sono pizzi salentini che si mangiano questi! La ricetta è di Anna, la mia amica di Lecce ( ve l'avevo detto no, che ogni tanto troveremo nel nostro salotto amici bravissimi).
Prima Serena ( che tornerà a trovarci con cose fantastiche). Oggi Anna. Da nord a sud....che meraviglia e che ricchezza di idee.

Anna è una persona molto creativa ... non solo brava in cucina ma anche nella cura e produzione di verdure del proprio orto. Con il marito, infatti, presi da "insolita passione", nei pomeriggi liberi hanno "spietrato" e ripulito un campo di famiglia abbandonato, e ora hanno un bellissimo orto...molto, molto produttivo. Una cosa per volta però, perchè oggi è il giorno dei Pizzi....

Cosa sono i Pizzi e come si fanno ce lo racconta lei stessa....

E' questo un tipo di pane molto diffuso nel Salento a cui vengono dedicate varie sagre di paese. Ha nomi diversi a seconda della località. Per esempio, nella zona della Grecia salentina ( area che comprende una decina di comuni in provincia di Lecce) sono chiamati " sceblasti", parola di origine grika, che qualcuno ha tradotto in....senza forma, proprio perchè hanno una forma irregolare e piuttosto schiacciata. Ma vengono chiamati anche "piscialletta" o "plamma"...e altri nomi ancora.
Vari i nomi e vari anche i condimenti. C'è chi vi aggiunge, come in questa ricetta, pomodori, cipolle e olive, chi cime di rapa, chi  zucchine, pomodoro e cipolla e peperoncino... insomma la fantasia regna sovrana.
L'ideale per la cottura sarebbe il forno in pietra, ma va da sè che non avendolo, anche il forno di casa va bene lo stesso.


Ingredienti
500 gr di farina di grano duro ( metà 00 e metà 0)
1 cubetto di lievito di birra
acqua, sale e olio q b
1 cipolla
500 gr di pomodori pelati
un po' di salsa di pomodoro
olive nere (preferibillmente denocciolate)

Preparate la pasta di pane, io ho seguito il metodo che ho deciso di adottare, almeno quando posso, di farla lievitare in frigorifero il giorno prima della cottura, ho letto che la lievitazione più lenta lo rende più digeribile ed è una sensazione che ho provato prima di leggere questa caratteristica.
Ad ogni modo, la ricetta ufficiale è questa:
preparate l'impasto con farina, lievito, acqua e sale e lasciate lievitare almeno un paio di ore.


Intanto fate appassire la cipolla affettata, fate cuocere con i pomodori, la salsa (che dà colore, oltre che sapore), le olive tritate e fate cuocere per qualche minuto.


riprendete l'impasto, mescolate con la salsa e formate delle piccole forme, non proprio tonde, un po' schiacciate.
Fate cuocere per 20 minuti a 250° in un forno caldo nel quale avrete posizionato una coppetta di acqua.
sfornate e assaggiate tiepidi.

Ed ecco i Pizzi, accompagnati da un meraviglioso Primitivo di Manduria.



Anna e io aspettiamo le foto e i commenti, di chi prova, anche con ingredienti diversi, questa ricetta fantastica!

 Guten Appetit!


giovedì 24 novembre 2011

Grazie...con il tacchino

"Willy".... fu il grido accorato dei due bambini ne IL GIGANTE, quando videro sulla tavola, rovesciato e bardato, il grosso tacchino con cui loro avevano giocato fino al giorno prima nell'aia della casa.
Loro non lo sapevano, ma Willy era stato allevato apposta per finire, in una giornata come questa, cotto e ripieno sulla tavola degli americani.

Oggi, infatti, ultimo giovedì di novembre, negli States si festeggia il Thanksgiving o giornata del Ringraziamento. Una festa a cui gli americani tengono moltissimo e che festeggiano con le famiglie riunite, per ringraziare il Signore,  fin dal lontano 1621, quando i Padri pellegrini, perseguitati in patria per le loro idee religiose piuttosto integraliste, decisero di abbandonare l'Inghilterra e andare nel nuovo mondo, l'attuale America del Nord. Punto di approdo fu Plymouth, in Massachusetts, abitato fino ad allora dai soli Nativi.

Ho avuto la fortuna, di vedere questi luoghi così pieni di storia, quando sono andata a Boston! E' sempre una grande emozione vedere luoghi e conoscere storie raccontateci attraverso film e libri.

Zucca e tacchino, animale che pascolava in libertà nei boschi dell'America settentrionale, fu il menù di quel giorno e da allora è sempre stato così!


La preparazione della festa comincia all'alba, e spesso anche nei giorni precedenti. Molte casalinghe descrivono l'organizzazione del pranzo come una cosa molto stressante. Il tacchino, di solito gigante e intero, deve cuocere per molte ore in forno.


Ma veniamo alla ricetta:

I tacchini vengono riempiti con pangrattato e arrostiti. Il ripieno (stuffing) è costituito da salvia, sedano e cipolle tritate, ma ne esistono numerosissime varianti che includono i più diversi ingredienti, come castagne, mele, uvetta etc. Lo stuffing viene spesso servito anche come contorno o sotto forma di polpettine fritte da abbinare al tacchino.

Accompagna di solito la carne bianca una salsa particolare preparata in casa: la cramberry sauce, frutto molto diffuso nella zona e simile ai mirtilli . 



 E per dessert? Crostata di cramberry o dolce alla zucca!

Buona Festa America!

mercoledì 23 novembre 2011

Un cappuccino personalizzato...e la giornata parte meglio!

C’è chi ti regala fiori freschi. Chi te li regala finti e chi invece te li regala con il... cappuccino. A Roma, ma solo in qualche bar, se ordini un cappuccino ti viene servito con ricamato sul color crema della tazza un fiore o un cuore. Che visibilio. E che goduria. Ma è solo per me? Chiedi pensando di essere l’unica fortunata della giornata. No, no, calma, non è un regalo particolare. E’ per tutti quelli che vanno al bar che sta davanti al mio ufficio, dove ci sono dei barman davvero speciali. Ti guardano in faccia, ti sorridono e ti chiamano per nome. Mica è sempre così nei bar eh! Un sorriso quando sorseggi il tuo caffè di inizio mattinata  ti rincuora e ti predispone ad una giornata diversa. E’ come una magia e diventi, casomai ce ne fosse bisogno, più cordiale e serena. Accidenti questo può un cappuccino? Sì questo può, perché a parte il gusto che assapori nel degustarlo, sono le coccole che lo accompagnano, quelle piccole cose in più, insomma, che fanno la differenza e che fanno bene. Da uno scorbutico ci vai una volta e poi non più. Da uno simpatico ci torni sempre perché è come andare dal parrucchiere o dall’analista.  Iniziare la giornata con un buon caffè in amicizia e simpatia ti rinfranca e ti riappacifica con il mondo. Se poi in più c’è un messaggio in regalo, questo sì che è fico. E che tutti godono del momento, lo vedi dalle facce, dalla voglia di parlare, di raccontarsi, di scambiare opinioni. Con la solita domanda: ma come fai?
Massimo, il barman, dice di averci provato qualche anno fa a disegnare una rosa, un bocciolo, un tulipano, un animale strano, un cuore e gli è venuto. E da allora lo fa sempre. Poi li fotografa e li archivia sul suo telefonino. Il ricamo è un omaggio della ditta, signori. Il cappuccino, no, quello si paga. Normale, ma si paga. Vi assicuro che è delizioso. Quindi seguite il mio consiglio andate al Columbus, e fatevi servire un cappuccino con il cuore. O se proprio non potete fare a meno del caffè, fatevi fare un’"antica Roma". Indimenticabile anche questo! A me poi l'hanno fatto davvero speciale....che ne dite?

                                                                                       


lunedì 21 novembre 2011

L'orto di casa mia..d'autunno!

Sono stata un pò presa da altre cose in questi giorni che riguardano in qualche modo tutti noi e, quindi con animo più leggero oggi vi posto una cosa di cui vado davvero fiera: il mio orto-giardino! D'estate esplode di colori ma in autunno c'è l'essenziale.


Non è facile fare un orto perchè richiede tempo e cura.... E noi di tempo ne abbiamo davvero poco..ma che volete fare? E' la nostra passione, per cui nei ritagli ( pochi) di tempo ci dedichiamo a questo ulteriore lavoro...(ma perchè lo chiamano hobby???) La nostra fortuna è che questo fazzoletto di terra è nel retro della casa e quindi come farne a meno?


Ma eccole le mie verdure fare capolino tra i fiori. Eccole incastonate tra canne indiche, geranei rossi, oleandri e lavande..



ecco la lollo, l'insalatina da taglio, il radicchio e i cavoli


ecco i finocchi e le rapette


...i cavolfiori verdi e quelli bianchi



Poteva mancare l'uva? Appesa alla rete di confine ecco il frutto autunnale per eccellenza. E' un'uva tipica della mia zona, si chiama moscato di Terracina, ed è molto, molto dolce, motivo per cui ce la litighiamo con gli ospiti fissi del mio orto: merli, gazze, pettirossi e uccellini vari! La mangia chi arriva primo, ovviamente!


Infine la veranda che d'estate ci ospita per barbecue e cene all'aperto con gli amici, e ... per appassionanti e divertenti partite di burraco!

mercoledì 16 novembre 2011

Intervista al professor Veronesi



(Era tra i i nomi dei probabili ministri...ma così non è stato. Ripropongo allora lo stralcio di una mia intervista al professor Umberto Veronesi di qualche anno fa e pubblicata su Atenei, la rivista del Miur, di cui sono caporedattore)


Professore nel libro “ Da bambino avevo un sogno”, Lei ripercorre la sua avventura scientifica, umana e personale: dalla nascita del più importante centro italiano di ricerca nella lotta contro il cancro, all’esperienza politica. Ecco, facendo un bilancio della sua vita, ha qualche rammarico per qualcosa che non è riuscito a realizzare?

Certamente il più grande rammarico è non aver trovato la soluzione definitiva al problema cancro. Quando ho iniziato la mia carriera di oncologo 50 anni fa,  giurando a me stesso che avrei dedicato tutta la mia vita alla lotta al tumore, mi sono trovato alle prese con una malattia che sembrava  incurabile, ma  il mio orizzonte temporale era molto ampio ed ero fiducioso di poter invece assistere alla sua sconfitta. Oggi, se considero le grandi conquiste della ricerca e i trend attuali di sviluppo, posso dire che sulla sostanza avevo ragione – il cancro si può curare come tutte le grandi epidemie che nella storia hanno colpito l’umanità – ma sulla tempistica ero forse troppo entusiasta. Ancora non siamo arrivati al cuore del problema, anche se, grazie alla rivoluzione del DNA associata a quella tecnologica, ci siamo molto vicini. Voglio precisare che il mio rammarico non è come ricercatore, perché la scienza ha un cammino imprevedibile, caratterizzato da grandi balzi in avanti così come da battute d’arresto e la soluzione scientifica potrebbe arrivare domani così come fra cinque o dieci anni; ma piuttosto come medico, perché non posso non condividere con tutti i miei malati di oggi  lo sconforto di non avere la certezza  di guarire.


Negli ultimi anni il tumore al seno è diventato una malattia curabile e questo rappresenta una grande speranza per le donne. Addirittura si parla di farmaci che riescono a modificare le cellule non ancora tumorali ma che potrebbero diventarlo in futuro.  Questo vuol dire che il cancro non è più considerato un male oscuro? E quali sono oggi  le frontiere di questa malattia?

Insieme ad alcuni gruppi di scienziati americani, sono stato fra i primi, vent’anni fa, a credere nella  farmacoprevenzione, vale a dire lo sviluppo di farmaci che hanno la capacità di prevenire l’insorgenza di tumore in gruppi di persone a rischio per fattori genetici o ambientali/comportamentali.. I risultati che abbiamo ottenuto sono importanti : il Tamoxifen  riduce la formazione di un secondo tumore nella mammella sana del 50% e riduce l’insorgenza della malattia in soggetti sani a rischio del 40%. La Fenretinide, un derivato della Vitamina A, sembra essere in grado di ridurre l’incidenza del tumore del seno del 50% nelle donne più giovani, con meno di 40 anni, e del 40% in tutte quelle non ancora in menopausa. Nei prossimi mesi verrà avviato in Italia un grande studio clinico per dimostrare definitivamente questa opportunità di salute per le donne. Tuttavia va sottolineato che ciò che ha reso il tumore del seno una malattia  curabile e dunque “la grande speranze delle donne” è la diagnosi precoce : oggi quasi il 90% dei tumori mammari è curabile, perché il 75% si presenta a noi oncologi in fase iniziale, quando il nodulo ha un diametro inferiore a due centimetri. Solo il 50% guariva negli anni ’60 quando i tumori diagnosticati di piccole dimensioni superavano appena il 15%.
Proprio la  diffusione delle informazioni sulle possibilità di cura, di diagnosi precoce, e di prevenzione hanno contribuito al graduale abbandono, da parte della popolazione, dei modelli culturali del passato, fatti di rifiuto, negazione, rimozione, fuga e fatalismo.  Sicuramente c’è una nuova coscienza da parte della popolazione che ha in gran parte accettato il principio della prevenzione. Questa consapevolezza e senso di responsabilità  individuale va comunque ancora incoraggiato, anche a livello di sanità pubblica, perché molto resta ancora da fare sia a livello di promozione di stili di vita corretti che di adesione ai programmi di screening. Dal punto di vista della ricerca, come ho detto prima, sono ancora tanti i punti oscuri che devono essere chiariti, ma  il cammino della ricerca oncologica, sulla scia delle nuove possibilità aperte dalla post-genomica, sta procedendo con velocità, in particolare nel settore della medicina molecolare. Studiando i geni e i loro prodotti (le proteine), la medicina molecolare ha aperto la via all’ideazione dei cosiddetti farmaci intelligenti, in grado di interferire con gli oncogèni e le proteine alterate, inducendo la morte delle sole cellule tumorali e risparmiando quelle sane. Alcuni di questi nuovi farmaci sono già una realtà. Ve ne sono quattro o cinque in commercio, tra cui il Glivec, l’acido retinoico e alcuni anticorpi monoclonali.. Altro importantissimo obiettivo sono le cellule staminali del cancro. Si tratta di cellule tumorali più indifferenziate delle altre, che sono in grado di alimentare la proliferazione del tumore. La loro esistenza, indirettamente confermata da osservazioni cliniche che la ricerca non riusciva a spiegare - ad esempio, la ricomparsa del male dopo anni, anche quando la chemioterapia sembrava averlo sradicato; o, al contrario, le poche metastasi ossee che si verificano rispetto alla gran quantità di pazienti che hanno cellule cancerose nel midollo osseo - potrebbe svelare il meccanismo delle metastasi tumorali e quindi portare alla formulazione di farmaci in grado di prevenirle.


Qualcuno  definisce il suo pensiero una “rivoluzione etica”, in quanto affronta il rapporto tra scienza, politica e religione e altre questioni “calde”, con atti concreti, come per esempio la recente proposta di istituire il testamento biologico.  Di cosa si tratta professore? E perché tutto questo ostracismo verso disposizioni che in altri paesi sono considerati atti naturali e civili?

Non è mia intenzione fare una rivoluzione, ma sono convinto che non si può considerare la scienza come una specie di corpo estraneo alla società, privo di coscienza etica, privo di percezione del significato di una collettività. Lo scienziato non è un “outsider”, e la consapevolezza della ricaduta delle sue ricerche deve essere per lui non solo un obbligo etico, ma anche un obbligo intellettuale e scientifico, perché tutto è concesso all’uso della scienza per l’uomo, e tutto è negato all’uso dell’uomo per la scienza. La ragion d’essere della scienza dunque non è la ricerca fine a se stessa, ma sono l’utilità per l’uomo e il progresso. Su queste convinzioni si basano le iniziative civili e sociali della Fondazione che porta il mio nome.
Certo, la scienza non può per sua natura riferirsi a principi etici derivanti da un credo religioso, ma si affida invece a un’etica puramente laica. Noi uomini di scienza ci sentiamo “puramente” eredi della Rivoluzione francese, per cui ciò che davvero conta sono i rapporti all’interno di un corpo sociale in un mondo dove il valore principale è (o dovrebbe essere) quello dell’autodeterminazione: io sono davvero libero di scegliere la mia vita e di decidere la mia morte. Questo abito mentale è facilmente ostracizzato nei Paesi, come il nostro, dove la religione ha una fortissima ingerenza nella dimensione collettiva e dunque nelle scelte sociali.
La scienza  non considera il principio della sacralità della vita ( che lascia alla dimensione personale), ma si ispira al principio laico della “responsabilità della vita”, che è un principio di libertà e autonomia intellettuale. In questo senso va l’iniziativa del Testamento Biologico, che altro non è che l’estensione logica del consenso informato alle cure, che tra l’altro, in Italia è non solo accettato, ma obbligatorio. Il testamento Biologico è un semplice documento che esprime le volontà di una persona rispetto alle cure che vuole o non  vuole ricevere, da utilizzare nel caso in cui si trovasse nella condizione di non poterle esprimere per sopravvenuta incapacità. Un’applicazione dunque del principio di autodeterminazione della persona, che ribadisce le sua centralità di fronte ai progressi della tecnologie e della scienza biomedica. 


Ricercatore e studioso  e nello stesso tempo uomo pubblico che riesce a comunicare bene il suo lavoro.  Da più parti si dice che la scienza per essere accettata, anche nelle forme più delicate, deve essere comunicata meglio. Per anni il problema della comunicazione scientifica non è stata molto curata. I segnali però c’erano: la gente voleva e vuole sapere di più. Alla luce della Sua esperienza chi potrebbe soddisfare meglio questo bisogno? E come?

Ho sempre pensato che l’alleanza con la società è fondamentale per lo sviluppo della scienza e la condizione fondamentale perché questo avvenga è la trasparenza. Dunque credo che la comunicazione scientifica sia un bisogno che non dovrebbe sentire solo la gente, ma anche e soprattutto il mondo della ricerca scientifica. Per questo  credo che sia un dovere etico del ricercatore far conoscere i risultati, i principi e i metodi del suo lavoro, non soltanto nell’ambito dei circuiti scientifici che accreditano il suo lavoro, ma anche alla società che si trova a capirne ed affrontarne le ricadute pratiche. Nella mia breve parentesi di attività ministeriale avevo anche ipotizzato la creazione di un ente pubblico per la divulgazione scientifica, una sorta, diciamo, di Agenzia di Comunicazione della Scienza, che offrisse un servizio trasversale per i  Ministeri interessati ( ad esempio Ricerca e Università, Pubblica Istruzione, Salute, Welfare, Innovazione etc). Purtroppo non c’è stato il tempo neppure di mettere in piedi un progetto, ma rimango convinto che qualcuno nel nostro Paese dovrebbe seriamente pensare a realizzarlo.


Lei non ha lasciato l’Italia ed è riuscito a mandare avanti la sua ricerca con ottimi risultati. Molti scienziati e ricercatori sono costretti a fare questa scelta, sia perché non hanno spazio in Italia, sia  perché i finanziamenti scarseggiano. Ha dei suggerimenti da dare a chi dovrebbe decidere il futuro della ricerca italiana?

I miei suggerimenti sono promuovere la cultura della scienza, creare in Italia una comunità scientifica internazionale e concentrarsi sui giovani.
Penso  che le ragioni della povertà di risorse della ricerca italiana siano da ricercare prima di tutto nella nostra cultura. La questione è  molto semplice: non c’è fiducia nella scienza. Per varie ragioni si è diffuso in Italia un sottile scetticismo nelle capacità della scienza di migliorare la nostra vita sul pianeta. Una delle conseguenze è che gli investimenti in ricerca sono rimasti stagnanti mentre fiorivano nel resto del mondo industrializzato, gli sbocchi professionali per i neolaureati si sono conseguentemente ridotti e i ricercatori sono stati costretti alla migrazione all’estero o alla rinuncia. Ma senza la capacità creativa e innovativa non c’è nemmeno capacità di attrarre investimento. Per uscire da questo circolo vizioso, bisognerebbe quindi innanzitutto ricreare le condizioni perché i nostri giovani si riavvicinino alla scienza. Poi creare una rete di istituti scientifici di ricerca ( alcuni già esistono sparsi per il territorio senza un coordinamento ) dove i nostri migliori talenti possano dedicarsi al loro lavoro. Non si tratta solo di far rientrare i cervelli italiani in Italia, seguendo un sorta di neo-nazionalismo scientifico ormai obsoleto, ma di attirare qui studiosi di diversi paesi e diverse scuole di pensiero, per creare una comunità scientifica internazionale nel nostro Paese, che grazie allo scambio di cultura, la cross-fertilization, dia un nuovo respiro alla ricerca. Abbiamo la tradizione e le strutture per creare in Italia un “melting pot” della scienza.


 In che modo si può stimolare nei giovani la cultura della ricerca scientifica?

Bisogna sicuramente iniziare ad intervenire dalla scuola media inferiore e superiore. Siamo ormai bombardati da statistiche che ci dicono che i nostri ragazzi sono i meno preparati  nell’area, ad esempio, della matematica e che le nostre facoltà scientifiche sono deserte. Bisogna dunque innovare i programmi, coinvolgere gli insegnati e dare loro gli strumenti per rendere l’insegnamento scientifico più moderno, più attraente e più vicino al modo di pensare e di vivere dei nostri giovani. Non è un caso che la Fondazione che porta il mio nome abbia siglato con il Ministero della Università e Ricerca Scientifica un’intesa per la realizzazione di un programma sperimentale nelle scuole italiane che ha esattamente questo obiettivo. E’ una goccia nel mare ma la speranza è che l’intervento serva da modello e si diffonda capillarmente. Altro passo fondamentale, come accennavo prima,  è quello di creare maggiori sbocchi professionali per i nostri giovani ricercatori perché sarebbe inutile avvicinarli alla scienza per poi non dare loro la possibilità di costruirsi una percorso professionale

lunedì 14 novembre 2011

CIN!...CIN!

E sì...doppio Cin..Cin... ieri in Cantine Aperte: itinerario enologico in cui a far da padrone è il vino. E che vino!
Un appuntamento da non perdere... e infatti noi, mio marito (è lui il fotografo) e io, non ce lo siamo perso.

Nella più grande e bella azienda del nostro territorio abbiamo potuto vedere,  tutto il processo di vinificazione e di imbottigliamento e finito il giro....degustato i loro prodotti.

Ma questa volta lascio alle immagini la storia del tour ...



i vigneti



macchina raccogliuva

nastro che trasporta e separa i grappoli nei grossi tini


Tini di acciaio per i rossi e..


...i per i bianchi!


si degustano i vari tipi tra rossi e bianchi...


 e finalmente ....CIN! CIN!



venerdì 11 novembre 2011

Le "Nuvole" di Serena e...un grande WOW!

Wow davvero! Nato neanche 15 giorni fa questo blog ha già avuto più di 1350 contatti. Contatti non solo italiani, ma anche americani, russi, tedeschi, francesi, e poi dal Giappone, dalla Nuova Zelanda...e ancora..Argentina, Brasile e Svizzera. Bè che devo dire? Grazie...Grazie di cuore!

In realtà non vi ho ancora detto i progetti che ho per il blog. In qualche modo avrete sicuramente intuito che parleremo di tutto...di attualità...di cucina...di orto...di giardino...di arredamento, conosceremo persone famose e non famose attraverso le mie interviste... e poi ci tufferemo nel mondo dei blog perchè ho intenzione di farvi conoscere meglio gli amici blogger.

Lo so che è anacronistico dire...venire qui è come sedersi in salotto davanti a una tazza di tè...ma chi ha più  tempo per bere un tè tra amiche e amici oggi? Obietterete voi. Pienamente d'accordo.. allora diamoci appuntamento per una pizza e birra a cena...o per un'insalata a pranzo...o per un cappuccino a colazione...incontriamoci però...perchè il mio blog sarà anche il vostro blog...ma ...una cosa per volta!

Intanto vi svelo subito che avrò degli ospiti, che vi presenterò di volta in volta. Amici fantastici che come hanno stupito me...sono sicura stupiranno anche voi per creatività.. ingegno e fantasia.

Comincio subito con Serena, un'amica di Rovigo...che conosceremo meglio in seguito. Sentiamo lei che ci racconta ... il suo ultimo acquisto e ... la ricetta in cucina:

Eccomi a spasso per la fiera rodigina, classico appuntamento annuale! La tradizione vuole che la domenica mattina io vada a spasso con mia sorella e praticamente passiamo tutte le bancarelle per vedere le novità dell'anno, che di solito sono dei taglia- verdure!! Sostiamo davanti alle dimostrazioni e il più delle volte compriamo accessori che rigorosamente dimentichiamo nel cassetto! Anche quest'anno mi soffermo a guardare i soliti ferri per fare le frittelle ( dovrebbero avere origini altoatesine...) a forma di stella o fiore..Questa volta, però, a dilettarsi nella dimostrazione c'è un uomo che mi colpisce particolarmente. Osservo quello che fa... sembra facilissimo, ma poi rifarle a casa! Sono passata diverse volte davanti alla sua bancherella e alla fine..dopo un invito all'assaggio, decido di fare l'acquisto! Torno a casa e preparo i semplici ingredienti che servono, che di solito si trovano in frigo: latte, uova e farina. Niente sale o lievito, si è raccomandato il signore!!! Preparo l'olio, lo porto a temperatura  con la classica prova stecchino, la pastella è già pronta. Metto i ferri dentro la pentola come ho visto in fiera, tolgo i ferri e li appoggio nella pastella e....sento sfrigolare!!!! Tolgo il ferro e ..ho praticamente cucinato la pastella....lì..sul posto..dentro la ciotola!!! Penso di aver gettato una quindicina di frittelle prima di capire il trucco.

Quindi ripasso la "lezione" ... e riprovo: olio caldo ma non caldissimo..(altrimenti si colorano troppo e subito)..tenere i ferri al caldo dentro all'olio sì, ma sostare un attimo fuori dall'olio prima di immergerli. Appoggiare con sicurezza il ferro nella pastella senza affondarlo troppo altrimenti la formina una volta tuffata nell'olio non si stacca più! E... voilà...eccole finalmente e molto...molto croccanti. Si possono decorare a piacere, con zucchero a velo, miele, granella di mandorle oppure si possono anche farcire con salsine salate! Beh, decisamente sono simpatiche, leggere come crostoli, anche se penso di mettere un pizzico di sale la prossima volta che di solito migliora il gusto!

Ecco gli ingredienti delle Nuvolette di Serena:
100 gr di farina
1 dl di latte
1 uovo

mercoledì 9 novembre 2011

Donne in carriera. Storia di una manager italiana a Boston



(Anche se l'intervista, pubblicata sulla rivista economica "IL CONTO" e raccolta nel libro sopra citato, è di qualche anno fa... la problematica rimane sempre attuale).

A Boston da più di 15 anni, Gabriella Spatolisano, manager di origine italiana, vive con il marito in una splendida casa nella prestigiosa collinetta di Beacon Hill, a pochi passi dalla casa di J.F.Kerry, candidato democratico alle penultime elezioni per la presidenza degli Stati Uniti.
La incontro nella sua casa per conoscere le difficoltà e le soddisfazioni di una donna che riesce a fare carriera superando anche tanti altri problemi in più, rispetto al proprio paese: di lingua, di inserimento e di “genere”.
Laureata in matematica, Gabriella Spatolisano, ha iniziato a lavorare come programmatrice di software in SOGEI, la società di informatica partner del Ministero dell’Economia e delle Finanze e quindi in Digital Equipment Corporation.

E poi cosa è successo?  -  Dopo aver progredito nella programmazione – racconta  - e soprattutto nelle tecniche di reti allora abbastanza nuove, mi sono resa conto che in Italia non si era all'avanguardia in queste tecnologie e che non avrei potuto facilmente conseguire nuove conoscenze e sperimentare nuove tecniche. Per me le scelte di carriera erano limitate: le alternative erano di rimanere a fare il consulente in tecnologie già mature o di entrare nelle vendite. La Digital era una società americana con sedi in molte parti del mondo, venendo a contatto con altri gruppi ho potuto constatare che in altre parti del mondo si lavorava su tecnologie più interessanti.

E a Boston come ci è finita? -  Dopo un anno in Francia, sono stata promossa dirigente. Ho iniziato così la carriera manageriale sempre nell'ambito informatico. In quel momento, parlo di più di 15 anni fa, la carriera manageriale per le donne in Francia, come in Italia, non mi avrebbe portato molto lontano. Il mio manager era americano, e il mio gruppo aveva uno statuto speciale dipendendo direttamente dalla casa madre americana piuttosto che dalla Digital Francia. Al di fuori di questo gruppo, per quello che ho potuto constatare, le possibilità per le donne di avanzare nella carriera manageriale erano limitate ad alcuni settori come Personale o Vendite, e comunque solo fino a un certo livello. Come si dice, ho constatato che c'era un 'glass ceiling', non solo per la carriera ma anche per la retribuzione economica. Infatti, avendo a disposizione statistiche del Personale, ho notato la differenza di stipendi tra donne e uomini nello stesso livello aziendale: le donne guadagnavano di meno. Ancora una volta, mi sono trovata di fronte alla decisione di restare al mio livello di piccolo manager di un piccolo gruppo o trasferirmi in America dove avrei potuto avanzare a livelli manageriali medio-alti. Il gruppo americano, dal quale il gruppo francese dipendeva, aveva un posto disponibile a Boston. Per la seconda volta mi sono trasferita con un contratto permanente.

Fare carriera è stato facile?  -  No. In generale, sia per uomini che per donne, avanzare nella carriera presenta tante sfide e ostacoli, soprattutto nel settore privato altamente competitivo e in particolare nel settore informatico che in questi ultimi 15 anni ha avuto un periodo di boom, con le numerose 'dotcom' che hanno creato ritmi vertiginosi. In particolare per me, una delle difficoltà e' stata la presa d’atto che la conoscenza tecnica non è abbastanza, ma che la conoscenza della psicologia e delle dinamiche caratteriali è altrettanto importante per la carriera. Essendo donna, la tendenza ad essere conciliante, a cercare l'approvazione degli altri, ad attribuirsi facilmente le colpe quando qualcosa va male, spesso rappresenta una barriera interna più grande di quelle esterne. Recentemente ho partecipato ad un incontro dell'organizzazione WorldWIT.org (Women in Business and Technology), di cui faccio parte, e uno dei punti su cui molte donne di carriera si sono trovate d'accordo è stato proprio questo: sono le donne stesse, con queste barriere interne, ad essere artefici delle proprio sconfitte.

Per le donne è sempre molto difficile raggiungere i traguardi più alti?  -  Non so se sono in grado di parlare a nome di tutte le donne, posso solo estrapolare dalla mia esperienza. Negli ultimi tempi c'è stato indubbiamente un passo avanti. Si vede dai numeri: ci sono più donne nel campo lavorativo, più donne nei livelli manageriali e cominciano ad esserci anche donne imprenditori. Anche a livello giuridico, le donne hanno più protezioni contro la discriminazione. Credo che una grande conquista, qui in America almeno, non so se esiste in Italia, è quella del 'paternity leave' che ha aiutato le coppie a gestire la nascita di un figlio senza chiedere alla donna di sacrificare la carriera. Il 'paternity leave' è praticamente la versione maschile dell'assenza per maternità: è un periodo di ferie pagate, in aggiunta alle ferie normali, per un padre alla nascita del figlio. Un altro aspetto positivo è il rispetto che le donne hanno conquistato con i risultati del loro lavoro. Una cosa è avere la legge che incoraggia le aziende a promuovere le donne, un' altra è convincere gli uomini che le loro colleghe meritano la promozione. E credo che più uomini ora hanno questa convinzione perché hanno visto le donne in azione. Ho incontrato nella mia carriera alcune donne in alti vertici e ho constatato l'ammirazione che suscitano sui colleghi così come sulle colleghe. E' vero che ci sono ancora ostacoli, ma le donne hanno più armi per superarli. Il problema è che ci sono donne che non usano queste armi con tutta l'energia necessaria. La differenza che vedo tra l'Italia e l'America è che le donne italiane sono tenute indietro dalla falsa dicotomia tra successo-in-carriera/femminilità. Infatti vedono l'energia imprenditoriale delle donne americane come aggressività e perciò mancanza di femminilità.  Secondo me questo è un freno.

Un altro esempio di come qualcosa sia cambiato anche qui è la polemica suscitata a Boston, qualche anno fa, dal presidente dell'Università di Harvard. Questi dichiarò, in un'occasione pubblica, che è l'innata incapacità femminile nel campo scientifico a spiegare la scarsità di donne nella scienza. Immediatamente dopo questa dichiarazione, si è scatenata un' ondata di disapprovazione nella comunità bostoniana, non solo scientifica, tanto da spingere il presidente a chiedere scusa se non avesse voluto perdere il posto. Come risposta, il Museo della Scienza ha organizzato un giorno di apertura gratis per tutte le donne di tutte le età.


                                                                       

martedì 8 novembre 2011

Il danubio... napoletano!

Non è il fiume...non è il valzer...non è Strauss e non è neanche blu! Perchè il danubio, questo danubio... è una rustica brioche napoletana. Ve l'avevo promesso no?

Eccomi quindi a darvi la ricetta di nonna Maria, la nonna delle mie nipotine Caterina e Laura. Nonna Maria, abitava a Pozzuoli, in una casa del centro storico, quasi davanti al carcere femminile. Per qualche tempo, insieme al marito e ai figli ha gestito una pasticceria. Infatti la ricordo come una persona bravissima e qualche ricetta sono riuscita anche ad annotarmela.

Quella parte di Pozzuoli così piena di storia oggi non esiste più, perchè le case del centro storico sono state irrimediabilmente danneggiate dal bradisismo, fenomeno tipico di questa zona che fa abbassare, seppur in maniera lentissima il terreno. A questo secolare problema negli anni '80, si aggiunsero anche delle scosse telluriche e, allora molti abitanti di Pozzuoli sono stati trasferiti nelle nuove case di Monterusciello e in altri quartieri vicini.

Del danubio esistono tante varianti, ora lo fanno anche dolce, ma io conservo gelosamente questo collaudato e antico procedimento. Procediamo quindi. Questi gli ingredienti:

550 gr. di farina
1 uovo
1 h. di burro
1 bicchiere di latte
20 gr. di lievito
150 gr. prosciutto cotto
150 gr. fontina

Impastare tutto insieme e lasciar lievitare per circa 1 ora.

Prendere quindi dei piccoli tocchi di pasta ...per questo è chiamato anche torta a pizzichi...senza lavorarli troppo, farcirli con pezzetti di fontina e prosciutto cotto e formare una piccola palla.
Inserirli in una teglia rotonda, distanziati tra loro. Lasciar lievitare al caldo ancora per qualche ora, fino a quando questi "gnocchi" grandi non si uniscono tra loro. Spennellare con l'uovo ( ma io non lo faccio sempre) e far cuocere in forno a 200° circa per 40 minuti.
E ...Guten Appetit!


domenica 6 novembre 2011

Dacci oggi il "nostro" pane quotidiano

Il nostro di pane però...non quello romeno congelato. La notizia è dell'altro giorno: dalla Transilvania arrivano da noi pagnotte già pronte e congelate e durano due anni. Quindi...il più è fatto. Poi che ci vuole a  far uscire dal negozio o dal forno il pane "caldo...caldo"? Niente! Davvero una magia: basta levarle dal freezer dove stanno accatastate in grandi quantità, liberarle dal cellophane, finirle di cuocere per pochi minuti e...ecco per voi signori il pane "quotidiano" caldo....caldo e appena sfornato. Sulle nostre tavole quindi verranno affettate e servite queste fragranti e croccanti pagnotte romene prodotte in chissà quali condizioni igieniche e con chissà quali prodotti.


 Dopo l'aglio e la passata di pomodoro che arrivano a quintalate dalla Cina...dopo l'allarme delle farine e della pasta prodotte con grano contaminato....dopo le mozzarelle blu...ora abbiamo anche la taroccata "arte bianca", l'unica cosa che pensavamo fosse rimasta nostra.

E allora? ti chiedi sgomenta. Allora ...le istituzioni ci sono o no? Le dogane controllano tutto quello che arriva nei nostri porti o no? Controllano sì, ma a campione, e quindi....

Quindi non possiamo contare sulle nostre istituzioni....e quindi ci toccherà fare il pane tutti i giorni. E no eh! Io adoro fare il pane....ma per hobby. Se poi invece che un hobby diventa...obbligo, la cosa non mi piace.

Ma se penso al pane di "Dracula".....hobby o non hobby, mi faccio subito questo pane veloce....veloce!












Scusate il prossimo post sarà, come promesso sul danubio. Questa notizia era più importante.

venerdì 4 novembre 2011

Merende al mare

Prima che la brutta stagione e il cattivo tempo ci costringano a chiuderci in casa e dimenticare così l'estate, il sole e il mare, vi voglio invitare a una merenda....a casa mia.



Mi sono inventata le merende sul terrazzo di casa al mare per poter far stare insieme tanti amici tra loro. Ne ho organizzate diverse perchè ci faceva piacere condividere con gli amici la birra che produce, per hobby, mio marito ( ne fa diversi tipi....bionde e scure, una più buona dell'altra). Ma pensate si possa bere senza mangiare? Certamente no. E allora impasta, stendi, fai lievitare, macina, sbatti, frulla..insomma, ho preparato tante cose molto, molto buone da accompagnare alla "fredda" birra.








E quindi:  pizze al pomodoro, alle cipolle, alle olive, rustici, vari tipi di pane: al sesamo, alle noci, ai semi di papavero...e poi muffin salati, taralli, il danubio e tante altre cose, tutte fatte in casa.

La merenda è un appuntamento riuscito. Ti godi il caldo e il sole del pomeriggio e a ...sera assisti a indimenticali tramonti sul mare. E se sei fortunato anche una emozionante e, davvero, rara....luna rossa.

Ma per le foto del cibo e la ricetta "originale" napoletana del danubio, appuntamento a domani









giovedì 3 novembre 2011

Sei felice?

Sei felice? Ha chiesto Cameron agli inglesi. La domanda è importante, perchè misura la soddisfazione di un popolo. Se lo chiedessero a me...direi subito di no. E se lo chiedessero a voi? Io non me la sento di dire sì...in mezzo a tanta incertezza economica, politica, sociale e a questa assoluta mancanza di valori. Che noi italiani siamo un popolo infelice e vecchio l'ho percepito chiaramente da quando, con mio marito, andiamo periodicamente negli USA. Ebbi modo di notarlo in una situazione davvero particolare che a noi avrebbe fatto perdere il controllo dei nervi da parte di tutti, e ....sclerare, come si dice.
A causa di un tornado rimanemmo fermi per quasi una notte nell'aereoporto di Philadelphia, in attesa di prendere la coincidenza per Saint Louis. In queste lunghe ore di attesa ho avuto modo di osservare i comportamenti degli americani. Vivevamo secondo i miei parametri,  un problema grosso come una casa e lì, invece, tutto filava a perfezione. Tutto era sotto controllo. Le hostess davano informazioni al banco con gentilezza e tranquillità assoluta....i passeggeri in fila per cambiare voli e orario erano composti e  tranquilli a loro volta. Ogni tanto si scambiavano battute e ridevano....  Nessuno aveva fretta o ...dava segni di scompenso cerebrale. Quei molti che erano seduti intorno a me facevano amicizia e chiacchieravano tra loro. Chi leggeva...chi lavorava a maglia...chi seduto in terra lavorava o giocava al computer...chi mangiava bustone di m&m o patatine. Insomma...era una situazione di assoluta normalità. Non vedevo "schizzati" in giro, e soprattutto ..." non c'erano carabinieri, o qualsivoglia forza pubblica, che qui da noi devono sempre intervenire per placare gli animi"! Possibile?
Ebbi modo di notare anche dopo che questi comportamenti non erano affatto eccezionali... ma la norma. Beati loro si vede che sono più felici di noi. D'altronde perchè non dovrebbero dal momento che la sanità funziona....le scuole funzionano...i servizi funzionano....e tutto funziona?  Noi ogni mattina facciamo come il leone o la gazzella che appena sorge il sole in Africa cominciano a ...correre! Loro per non morire di fame....noi per conquistarci ogni volta quello che già ci è dovuto!



in questo post, secondo me, ci sta bene l'areo con cui Lindbergh ha fatto la traversata dell'Atlantico (Art Museum di St. Louis). O no?

martedì 1 novembre 2011

dalla... Nuova Zelanda

Vedo che leggono e seguono il mio blog alcuni amici di Auckland in Nuova Zelanda....ciao Gerry...ciao Stefania.

Gerry e Stefania sono brianzoli e alcuni anni fa hanno deciso di fare le valigie e cambiare aria...Hanno scelto per vivere uno dei posti più belli al mondo.  Con Gerry ci siamo conosciuti nel forum che frequentiamo  ..ed è stata subito sintonia. Gerry è uno ...con la marcia in più. Te ne accorgi subito.
Lavora nel campo dell'informatica e in più si occupa di molte cose ....autarchiche, che piacciono tanto a me. Fa formaggi, bresaole e tante altre cose che stanno facendo impazzire i neozelandesi.
Ha scritto proprio l'altro giorno nel forum :" Invito tutti a fare la bresaola, poi vi fate il caprino o lo spalmabile  e li mangiate insieme con un filo d'olio extravergine e due foglie di rucola. Da queste parti non l'avevano mai vista. L'ho fatta provare e sono letteralmente stramazzati al suolo. Pure sto business bisognerebbe fare".


Grande Gerry, quando capirò come funziona stò coso... e mi muoverò meglio tra template... gadget...etichette e quant'altro aprirò una finestra per te, così che ci potrai raccontare le tue avventure dall'altro....mondo. E ora però per darti il benvenuto a te e a Stefania...così da farvi sentire voi a casa nostra e noi a casa vostra, ho inserito tre tue belle foto del tuo ....Nuovo Mondo!