giovedì 31 gennaio 2013

Montalcini: la sua ( che è poi la mia) ultima intervista!

 Eccola....eccola dunque,http://www.linkiesta.it/it/article/2012/12/31/fortuna-istinto-e-tanto-lavoro-il-testamento-di-rita-levi-montalcini/11047/ucome promesso, ecco l'ultima intervista rilasciata dalla professoressa e con tanto...tanto onore e soddisfazione personale e professionale, dico di essere stata io a farla. 

Non è stato facile. Anzi. L'anno scorso, quando ho chiamato la sua assistente, la professoressa Tripodi, ormai Pina per me dal momento che questa era la terza intervista che facevo alla professoressa e poi ci siamo anche conosciute e sentite più volte, mi disse che non sarebbe stato possibile poterla fare...perchè la professoressa era ormai completamente sorda e anche di vista non stava affatto bene. Io ho insistito...allora lei ha trovato il modo di farmela fare...purchè e perchè rimanesse una testimonianza per i giovani e per i ricercatori. Mi pregò quindi di fare delle domande su questo tema...tema peraltro molto caro alla professoressa. Ed ecco allora i suoi ultimi pensieri per noi tutti..... facciamone tesoro! E ogni tanto rileggiamocela...per non dimenticare.

Scusate, ma non posso ignorare e sottacere che oggi è il compleanno di mia figlia e  voglio farle con questi meravigliosi concetti gli auguri di ogni bene. A Saint Louis è ancora notte e domani mattina, oggi pomeriggio per noi, quando Ilaria, accompagnati i bimbi a scuola, varcherà la soglia dell'Università, dove lei lavora e dove la Montalcini ha lavorato e conquistato il Nobel...bè....che le sia di buon auspiscio per tutto. Auguri Ilaria!





Professoressa, parliamo di donne e di giovani. Giovani ai quali non perde occasione di rivolgere consigli e suggerimenti. Qual è, dunque, l’atteggiamento migliore che un ricercatore deve avere rispetto al suo lavoro e nei confronti di quelli che esercitano la stessa professione?

Ritengo che sia dannoso per lo studioso rinchiudersi nella propria torre d’avorio tra provette e microscopi, senza stabilire rapporti con gli altri. Ed è un’esigenza dello spirito quella di comunicare i nostri dubbi, le certezze e le vittorie. Il giovane scienziato dovrebbe essere sempre a contatto con i più anziani e con i più giovani. Sotto questo profilo la mia esperienza personale è stata molto positiva nel periodo in cui insegnavo presso la Washington University di Saint Louis.
Arrivati a una certa età occorre diminuire l’attività didattica e aumentare quella scientifica. Insegnamento e ricerca possono tuttavia convivere fino alla fine, mentre ricerca e direzione amministrativa si combinano male. Personalmente non avrei mai lasciato la ricerca per una carriera amministrativa, alla quale sono connesse anche importanti posizioni di potere. Nel giovane ricercatore favorirei anche l’interessamento ai problemi sociali. Non trovo giusto che una persona viva solo per la ricerca e l’insegnamento. Considero molto importante che uno scienziato si occupi di altri problemi di natura etica e sociale. Scienziati di altissimo livello si sono dedicati, a un certo punto della loro vita, a questi problemi, che riguardano il futuro stesso dell’umanità.

E quindi?

Quindi, è come asseriva Amaldi: “La cosa principale per un ricercatore deve essere la dedizione all’oggetto della sua ricerca”. Sono infatti il desiderio e la passione, che guidano la nostra intelligenza. L’intelligenza certo è essenziale, ma da sola non basta se non si ha anche la capacità di dedicarsi con passione e perseveranza alla ricerca. Al giovane ricercatore, dunque, direi che prima di tutto è importante avere una guida per trovare il campo più adatto alla propria inclinazione e di sottovalutare, se può, le altre condizioni di tipo economico e di carriera.
Certo in Italia la strada è molto più difficile, ma il merito prima o poi finisce per affermarsi. Oggi i dirigenti preposti alla ricerca scientifica sono molto più consapevoli, rispetto al passato, che la maggiore ricchezza di una nazione consiste nel valorizzare le risorse delle quali dispone: non soltanto, come nel caso della nostra penisola, le bellezze naturali o l’arte, ma soprattutto la popolazione, dotata di una notevole capacità creativa, di dedizione e di grande attività produttiva sia nel settore industriale che in quello scientifico.

La donna in questo periodo, a torto o a ragione, è molto più protagonista di ieri. Per lei, che ha percorso tutto il secolo passato, la femminilità è stata un vantaggio o una difficoltà? E come si deve comportare oggi una donna: assecondare e imitare il modello maschile o caratterizzarsi nella sua diversità?

Non si tratta di voler essere diverse: siamo diverse. Non abbiamo un passato di tradizione e di successo come gli uomini. Veniamo ex novo sulla scena del mondo. Perché continuare a confrontarsi con gli uomini? A vederli come modelli? A loro possiamo riconoscere che sono riusciti a costruire la società di oggi, con i suoi meriti e difetti: tra questi l’aver favorito la competitività, l’ambizione e l’aver tollerato l’inumanità dell’uomo verso l’uomo. Abbiamo riconosciuto nell’uomo i caratteri negativi, ma dobbiamo anche riconoscergli quelli positivi che lo portano al successo, esplicati in ogni campo dello scibile umano. Ma nella donna ci sono altre attitudini e qualità che possono essere estremamente importanti. Va cercata quindi una via diversa che si muova da un principio etico-sociale. Alla ricerca non dell’affermazione di sé, ma della comprensione del mondo che ci circonda.

Comunque siamo ben lontani, soprattutto in alcune culture, dal raggiungere una piena parità dei sessi. O no?
È opinione generale, suffragata da rigorose ricerche, che le differenze dei contributi intellettuali femminili e maschili vanno essenzialmente ricercate nelle condizioni sfavorevoli alle quali è esposta la donna sin dalla nascita. È confortante constatare che nei Paesi più progrediti, dove sono diminuite, se non del tutto scomparse le discriminazioni, i contributi scientifici – e quelli in altre attività culturali – delle donne sono in continua crescita, quantitativamente e qualitativamente, e in alcuni settori gareggiano con quelli maschili, mentre permangono a livello molto basso nei Paesi nei quali ancora sussistono questi pregiudizi.

Va comunque detto che nel nostro e in altri Paesi ad alto sviluppo industriale, negli ultimi decenni del Novecento si è verificato un graduale, anche se lento, aumento della presenza femminile, non soltanto nel settore sociale ma anche in quello politico e scientifico.

Due cromosomi X hanno sancito per millenni il destino di centinaia di milioni di donne, in modo del tutto indipendente dalle loro naturali doti e inclinazioni. Ma i portoni che sbarravano la strada della parità sono oggi spalancati. Io che nei giorni della mia giovinezza li ho trovati sprangati, contemplo con gioia la lunga fila di giovani donne che incedono in massa su questa strada così rigidamente preclusa loro in passato.

Come ha fatto in questi contesti non certo felici ad avere un così grande successo nel campo della ricerca? E come è arrivata a importantissimi risultati?

Con la fortuna e con l’istinto. Conoscevo in tutti i dettagli il sistema nervoso dell’embrione e ho capito che quello che stavo osservando al microscopio non rientrava nelle norme. Una vera rivoluzione: andava, infatti, contro l’ipotesi che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni. Per questo decisi di non mollare.
Le mie scoperte nascono dall’intuito, dalla dedizione e dalla competenza scientifica. Ma c’è un altro segreto, ed è la capacità di conoscere i propri limiti. La vera “astuzia”, nella mia vita di scienziata, è stata sempre quella di andare a fondo soltanto là dove mi sentivo veramente preparata.

L'intervista su Linkiesta http://www.linkiesta.it/it/article/2012/12/31/fortuna-istinto-e-tanto-lavoro-il-testamento-di-rita-levi-montalcini/11047/

mercoledì 23 gennaio 2013

Olga si è incatenata!


Non si vede spesso una donna incatenarsi. Ma oggi pomeriggio Olga Frasca, amministratrice e proprietaria dell’azienda di famiglia, la Sat Line,  società in credito  nei confronti del comune di Priverno di quasi tre milioni di euro, si è incatenata le mani e ha sostato per ore in Piazza del Comune, seduta sulla panchina davanti il Monumento dei Caduti, nell’estremo tentativo di attirare l’attenzione su un problema gravissimo che si trascina ormai da anni.
Sui cartelli che ha preparato e affisso alle sue spalle  ha riassunto in poche righe la tragedia umana e sociale di una questione che riguarda sì il futuro di un’azienda costruita con tanti sacrifici e ormai sull’orlo del fallimento, ma anche e soprattutto il destino di 15 lavoratori che non riscuotono più lo stipendio da quasi un anno e che riescono a malapena a comprare il pane per le loro famiglie.  Ed è proprio per i suoi dipendenti che Olga si è incatenata perché non vuole provare vergogna per una vicenda di cui non ha colpa e di cui essa stessa e la sua famiglia sono vittime.
Ha fatto bene Olga a incatenarsi! Mentre era lì, stanca e sfinita per le continue battaglie a salvaguardia dei suoi diritti e di quelli dei suoi dipendenti, molte persone si sono avvicinate con spirito di solidarietà.   Dice Anna Maria Bilancia, dirigente scolastico: " Personalmente, come donna, oggi ho provato una grande solidarietà per Olga e tanta ammirazione per il suo coraggio. Stamattina quando mi ha chiamato e con un filo di voce mi ha detto che si andava a incatenare non ho potuto fare a meno di pensare a quanta fatica ha fatto a tirare su quell’azienda, da sola, con coraggio e impegno, per i suoi figli, per i suoi dipendenti e a quanto sia ingiusto che i loro destini debbano dipendere da amministratori insensibili che sembrano non comprendere la fatica di vivere, la giustizia dei diritti, la responsabilità di una famiglia, la necessità di essere buoni amministratori. Ma forse è proprio così. Non lo capiscono".  Olga infatti, nonostante che il Comune abbia debiti pesantissimi nei confronti della sua Azienda, continua ad assicurare il trasporto pubblico locale e quello scolastico ai cittadini.  Per ora dice Anna Maria, pensiamo ad Olga. Non dobbiamo lasciarla sola, dobbiamo batterci perché la sua azienda si salvi e con essa si salvino tanti posti di lavoro. Anche perchè se è una donna ad incatenarsi....

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giovedì 17 gennaio 2013

Orto d'artista!

Che dolcezza infantile
nella mattinata tranquilla!
C'è il sole tra le foglie gialle
e i ragni tendono fra i rami
le loro strade di seta.

Mattino d'autunno (F. G. Lorca).

Sapete ormai che l'artista di cui parlo è lo scultore milanese Cesare Fullone.
Siamo già andati questa estate nel suo bellissimo orto, tra le colline piacentine. Ma merita una visita anche ora,  perchè tra le sue terrazze di terra ci sono ancora tanti fiori e tante verdure.
Ecco come ci presenta il suo orto prima che la neve lo ammantasse di bianco ....

"Qualche immagine dell'orto autunnale. In questo periodo i colori sono stupendi e io mi diverto a fotografare particolari e accostamenti che l'autunno a mia insaputa ha voluto donare.
Dell'estate restano tracce a volte sorprendenti. Più che il sole di agosto è il fresco d'autunno a svegliare alcune piante.

Ho tolto le piante di pomodori, raccogliendo i pochi ancora buoni. I cetrioli sono sorprendenti, producono forse meglio che ad agosto. Il basilico è ancora bello e i peperoncini ancora arrossano, tantissimi sono belli e verdi.

Indivia , cardi, finocchi, cavolo cappuccio, cavolo broccolo, sono lì ad indicare l'autunno".


venerdì 11 gennaio 2013

L'Italia vista dagli States!

Sono ancora a Saint Louis. La giornata è molto bella anche se il termometro segna sempre  0 gradi. E' bello stare qui. E' bello vedere che la gente è contenta e piena di speranza per il futuro. E' bello vivere in una società in cui i sogni si possono realizzare. E' bello vivere in una quotidianità assolutamente normale e tranquilla. E' bello vedere gente che non è depressa.
Questo dicevamo stamattina con mio marito mentre passeggiavamo nel Forest Park. Un parco più grande di quello del Central Park di New York. Al bar abbiamo degustato il caffè americano e un muffin eccezionale.



Tutto bello. Tutto meraviglioso...solo che tornata a casa ho aperto i giornali italiani e la gioia si è subito trasformata in sconforto...
Come mai? Bè a leggere queste notizie sfido chiunque a rimanere impassibile: Siglato l' accordo elettorale tra Lega e Pdl....Per Vendola, i super ricchi devono andare all'inferno  ( allora ci crede?).....Torna per fare la rivoluzione...chi è Che Guevara? No Ingroia....Monti telefona durante la Messa e promette cose che non ha fatto e che avrebbe potuto fare....Oh...ecco le  nuove candidature di Bersani, che a parte qualche nome ad effetto, sono sempre le stesse, primarie o non primarie. E poi...ma che davvero...ancora Cicciolina?
Ho brindato pochi giorni fa al 2013. O forse no? Probabilmente no! Perchè è tutto uguale a venti anni fa....stessi personaggi...stesse situazioni...stesse parole....stessi concetti...stessi proclami.

Un Paese immobile. Ma che si deve fare per cambiarlo? Che si deve fare per farlo diventare se non del tutto normale...almeno un pò? E' tutto così  senza speranza! Soprattutto a vederlo da qua.

lunedì 7 gennaio 2013

Sarà un caso se la Montalcini.....

Bè non so se è un caso….ma ho saputo della morte della professoressa Montalcini mentre mi trovo  qui a Saint Louis…Sarà un caso anche che mia figlia e suo marito lavorino entrambi nella facoltà di medicina della Washington University, dove sempre lei, la professoressa Montalcini lavorò e si guadagnò il Nobel?

Ho avuto vari contatti in questi ultimi dieci anni con la professoressa. Sono riuscita ad intervistarla per ben 3 volte e ritengo di averle fatto io l’ultima intervista su suggerimento del mio amico Claudio Abbate, direttore della rivista economica del Caf Uil…che a detta della sua assistente, la professoressa Pina Tripodi, intendeva essere un testamento diretto ai giovani…alle donne e ai ricercatori. Poi la pubblicherò anche qui!

Oggi qui a Saint Louis ho ripreso in mano il suo libro autobiografico “In Praise of Imperfection” e ripercorso le tappe del suo arrivo in questa città ….

“On 19 September 1946, Renato Dulbecco and I sailed from Genoa on board a Polish ship, the Sobieski….”


Ecco l’arrivo nella città del midwest:
“On my arrival in St. Louis, in the somnolent hours of a hot afternoon at the beginning of autumn, Union Station appeared to me as out of painting by the Belgian artist Paul Devaux, in which the hands of a big tower clock mark the hours of a time that seems in reality fixed for ever…..”


Arrivata in nave a New York raggiunge St. Louis in treno. Alla stazione prende  un taxi…

“A taxi driver with a marked German accent took charge of my bags, and we set off for Washington University, a fair distance away, over on the west side of the city. He proudly pointed out the large Catholic cathedral on Lindell Boulevard which, so he informed, had cost three million dollars and at least challenged, if it did not actually surpass, St. Peter’s basilica in Rome in size and beauty. That at least was his opinion. The central gateway of Washington University, surmounted by two towers nd flying the university flag, fulfilled my expectations more than cathedral…..”

Era il 1946.

Oggi 3 gennaio 2013 sono andata a rivedere quella cattedrale, che si trova proprio dietro casa nostra. Penso che il tassista tedesco abbia avuto ragione…la cattedrale è bellissima….immensa….piena di mosaici straordinari. Ed è più grande di San Pietro, senza dubbio. Una cattedrale molto imponente, dal momento che Saint Louis fino al 1920 era  la seconda città più importante degli Stati Uniti d’America.

Dalla cattedrale, si attraversa la strada che porta all’Arco e si arriva alla Washington University. All’entrata della Facoltà di medicina ci sono le foto degli scienziati che si sono conquistati il premio Nobel, ed ecco in mezzo a loro….. la foto della nostra Montalcini.





L’ultimo ricordo di questa straordinaria donna è diretto a me. Una lettera d'augurio che mi ha scritto e indirizzato in una occasione particolare e che conservo gelosamente…un caso anche questo?

mercoledì 2 gennaio 2013

Non hai l'orto? Ecco l'idea!

Se non hai l'orto ....associati . Con chi? Con Campagna Amica per esempio e potrai così lavorare negli orti comuni cittadini!

All'inizio erano solo 11 gli orti cittadini che Campagna Amica, in collaborazione con altre associazioni aveva attivato in undici città diverse Genova, Savona, Firenze, Mandria, Assisi, Sant’Anatolia di Narco, Foligno, Lugnano in Teverina, Roma, Ostuni, Santa Giusta, rendendo così disponibili a cittadini e scuole terreni incolti e inutilizzati. Ma la promessa era di allargare sempre di più questa esperienza in tutto il territorio nazionale. ed infatti così è stato. Ora nascono a "tamburo battente" e si è perso un pò il conto degli orti comuni.
Comunque  analizzeremo di volta in volta alcune realtà più significative  per dare esempi, consigli, suggerimenti e stimoli a chi vuole fare e realizzare il suo piccolo orto in città condividendolo con  scuole, associazioni e con altri cittadini. D'altronde quale migliore risposta in città di un orto condiviso?

L'orto urbano di Roma.
L’orto condiviso di Roma vero e proprio ha una estensione di circa 5 ettari ed è stato realizzato in una piccola porzione dei circa 170 ettari di proprietà comunale, all'interno del Parco Regionale dell’Appia Antica, e nel cuore della valle della Caffarella.  È situato infatti tra via della Caffarella e la marrana che scorre a sinistra del fiume Almone.
"L’idea - secondo Campagna Amica - è quella di mantenere viva la testimonianza dell'uso del suolo di questo territorio che, fin dai tempi dei romani aveva la funzione di rifornimento di frutta, verdura e foraggio per Roma.
Nell'ambito di questo intervento è stata anche riprodotta una ruota a modioli per il rifornimento manuale di acqua
ad uso irriguo".
È stato realizzato un capanno degli attrezzi e un’area di lavoro adatta ai bambini. Sono state predisposte due aree sosta che permettono a chi non si reca lì per lavorare di poter godere, ralassandosi, dei colori e degli odori dell’orto.
L’obiettivo di fondo è stato quello di creare uno spazio aperto di didattica e ricerca, un’aula all’aperto dove sperimentare tecniche colturali ed approfondire la conoscenza del mondo naturale.

Cosa si coltiva
I prodotti che vengono coltivati in questo orto condiviso sono quelli tipici della tradizione romana. E quindi il carciofo romano, detto anche "cimarolo" o "mammola", caratterizzato da una forma sferica, privo di spine e largamente impiegato per preparare i rinomati carciofi alla Giudia.  I cavoli-broccoli romaneschi o broccoli cimosi. La zucchina romana che si distingue dalle altre per la sua tipica forma un po’ curva. Nulla va sprecato tra l'altro di questa coltura, perchè anche i fiori diventano una prelibatezza. La tradizione li vuole ripieni di mozzarella e alici e poi impastellati e fritti. Altra verdura tipica è il  finocchio romano, un ortaggio tipico della gastronomia romana. Ma non possono assolutamente mancare nell'orto e nella tavola dei romani le tipiche e caratteristiche puntarelle, verdura particolare che si ottiene da un tipo di cicoria. Come si mangiano? Dopo aver tagliato molto sottilmente le parti più tenere, si condiscono con un battuto di aglio, alicetta salata e aceto.

L'organizzazione
L’orto è gestito dall’Ente Parco. Durante la settimana viene aperto alle scuole e alle associazioni, mentre il sabato diventano protagonisti gli anziani del quartiere e le famiglie.
  Le colture seguono il ciclo delle stagioni. Esiste uno spazio dedicato alle erbe aromatiche ed officinali ed è operativa una
compostiera.
Le attività fervono per produrre verdura fresca e sana. Ci si consiglia, si discute, si zappa, si innaffia e si raccoglie...tutto insieme agli altri. E' un nuovo modo di fare "campagna" certamente ..ma è anche e soprattutto un nuovo modo di vivere la città.